Obiettivo di Lungo Termine: l’obiettivo a lungo termine dell’accordo è quello di assicurarsi che il riscaldamento globale rimanga ben al di sotto di 2 gradi Celsius e di proseguire gli sforzi per limitare l’aumento della temperatura a 1,5 gradi Celsius. Le temperature sono già aumentate di circa 1 grado Celsius fin dai tempi preindustriali. Per raggiungere questo obiettivo, i governi si sono impegnati a fermare l’aumento delle emissioni di gas a effetto serra che intrappolano il calore il più presto possibile. A un certo punto dopo il 2050, recita l’accordo, le emissioni di origine antropica dovrebbero essere ridotte ad un livello assorbibile dalle foreste e dagli oceani.
Obiettivo emissioni: al fine di raggiungere l’obiettivo a lungo termine, i Paesi hanno concordato di fissare obiettivi nazionali di riduzione delle emissioni di gas serra ogni cinque anni. Più di 180 Paesi hanno già presentato gli obiettivi per il primo ciclo a partire dal 2020. Solo i Paesi sviluppati sono tenuti a ridurre drasticamente le loro emissioni in termini assoluti; le nazioni in via di sviluppo sono incoraggiate a farlo mano a mano che le loro capacità si evolvono nel tempo. Fino ad allora, ci si aspetta da esse solo una frenata della crescita delle emissioni al crescere delle economie.
Revisione degli obiettivi: gli obiettivi iniziali non saranno sufficienti a mettere il mondo in carreggiata per raggiungere l’obiettivo a lungo termine. Così l’accordo chiede ai governi di rivedere i propri obiettivi nei prossimi quattro anni, e vedere se si possono aggiornare. Ciò non richiede ai governi di fare tagli ancora più profondi. Ma la speranza è che sarà possibile farlo se le fonti di energia rinnovabili diventeranno più convenienti ed efficaci.
Trasparenza: non ci sono penalità per i Paesi che mancheranno i loro obiettivi di emissione. Ma l’accordo ha regole di trasparenza per incoraggiare i Paesi a fare davvero quello che promettono. Questo è stato uno dei pezzi più difficili da concordare, poiché la Cina chiedeva requisiti più morbidi per i Paesi in via di sviluppo. L’accordo prevede che tutti i Paesi debbano riferire sulle loro emissioni e dei loro sforzi di riduzione. Ma consente una certa flessibilità per i Paesi in via di sviluppo che ne hanno bisogno.
Sostegni: l’accordo dice che i Paesi ricchi dovrebbero continuare ad offrire un sostegno finanziario per aiutare i Paesi poveri a ridurre le loro emissioni e adattarsi ai cambiamenti climatici. Esso incoraggia inoltre altri Paesi a impegnarsi, su base volontaria. Il che permetterebbe di contribuire a economie emergenti come la Cina, anche se non costrette. La definizione degli importi è stata tenuta fuori dell’accordo stesso, ma le nazioni più ricche si erano precedentemente impegnate a fornire 100 miliardi di dollari ogni anno in finanziamenti per il clima entro il 2020.
Danni e perdite: per le piccole nazioni insulari minacciate dall’innalzamento del livello del mare, l’accordo comprende una sezione che riconosce “perdite e danni” associati alle catastrofi legate al clima. Gli Stati Uniti hanno a lungo obiettato contro l’inserimento della questione nell’accordo, preoccupati che porterebbe a richieste di risarcimento dei danni causati da eventi meteorologici estremi. Alla fine, la questione è stata inclusa, ma una nota in calce specificatamente dichiara che la perdita e il danno non comportano responsabilità o l’indennizzo.
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