L’Italia è il terzo maggior importatore europeo di olio di palma, con cifre di tutto riguardo (1 milione di tonnellate nel 2012). La materia prima viene utilizzata dalle industrie food (85%) e no food (cosmetici, detersivi, saponi, lubrificanti, biocarburanti) (1)
Nella recente metanalisi di Sun, pubblicata sul Journal of Nutrition del 2015, le evidenze relative agli effetti dell’olio di palma sul profilo lipidico sono poco confortanti.
– La revisione sistematica dimostra, infatti, che il consumo di olio di palma comporta l’incremento del colesterolo totale, LDL e HDL, rispetto ad altri oli a basso tenore di acidi grassi saturi (2); comparando l’olio di palma con grassi animali, la distribuzione posizionale dell’acido palmitico nel trigliceride può influenzare il profilo lipidico; e ha dimostrato che il consumo di lardo (39% di grassi saturi con acido palmitico prevalentemente posizionato centrale nel trigliceride) induceva una modesta, ma significativa, riduzione del colesterolo totale e del rapporto colesterolo totale/colesterolo HDL, rispetto alla stearina di palma. (3)
– L’accusa più rilevante a carico degli oli tropicali si rivolge all’allattamento artificiale e sul loro uso e abuso in età adolescenziale; tale condotta viene veicolata dall’uso reiterato con ‘consigli per gli acquisti’ su merendine farcite e patatine dorate con servizi mandati in onda in televisione durante la fascia oraria a ‘protezione specifica’ (D. Lgs.177/2005) condizionato dal gadget di turno. (4)
La metanalisi conclude: “gli acidi grassi saturi del grasso di palma sembrano avere gli stessi effetti sul Colesterolo LDL come quelli dei grassi animali, raccomandando un uso limitato dei grassi saturi, rimpiazzati ove possibile da grassi insaturi” (6)
– Un lavoro pubblicato su Lipids nel 2014 (5) dove si associa il consumo di acido palmitico con l’incremento di sostanze infiammatorie circolanti nel sangue. È noto che gli stati di infiammazione cronica favoriscono lo sviluppo di varie patologie come le cardiovascolari, l’aterosclerosi, il diabete e anche alcuni tumori.
Solide evidenze scientifiche hanno infine dimostrato inconfutabilmente che l’obesità rappresenta il principale fattore di rischio per patologie quali insulino-resistenza, diabete mellito tipo 2, ipertensione, dislipidemia, steatosi epatica, apnee notturne, osteo-artropatie, malattia coronarica(7,8) e alcuni tumori.
Purtroppo, si sta assistendo negli ultimi anni ad un drammatico incremento della prevalenza di obesità in tutti i paesi civilizzati e non risparmiando, tra l’altro, Paesi ad economia emergente. Per tale “pandemia”, lo statunitense CDC (Centers for Disease Control and Prevention) ha coniato il neologismo globesity. In ambito europeo il nostro Paese detiene il primato negativo sulla prevalenza di bambini in età scolare affetti da sovrappeso/ obesità (36%).
L’industria alimentare utilizza olio di palma per la produzione di oli per frittura, prodotti da forno (panini, pancarrè, fette biscottate, cracker, grissini e dolciari (merendine, brioches, margarine, gelati, creme spalmabili, farciture, canditure, glasse) e nel latte artificiale, dove la presenza di acido palmitico prevalentemente in posizione 2 nel trigliceride lo rende meno assorbibile, riducendo drasticamente anche l’assorbimento del calcio.
– Da molti anni, dopo la IIa guerra mondiale, assistiamo a una riduzione del tempo e della frequenza dell’ allattamento al seno, dovute in parte a una maggiore partecipazione della donna nel mondo del lavoro e all’anticipo del divezzamento; può accadere che già dopo pochi giorni, con la mamma che ha difficoltà ad allattare, al bambino venga somministrato latte artificiale; tale modalità viene favorita dalla maggiore disponibilità di latti sempre più dietetici, più appetibili e meglio conservabili.
Considerando l’età e il peso dei neonati, bisogna essere sicuri che il prodotto che viene somministrato a bambini così piccoli sia non solo adatto, ma anche sicuro dal punto di salubrità alimentare. Negli ultimi 10 anni sono stati evidenziati nuovi contaminanti come il 3-monocloropropandiolo (3-MCPD) e glicidolo con i suoi esteri presenti in alcuni alimenti (latte artificiale, snack food e oli vegetali trasformati, principalmente nell’olio di palma) considerati tossici per l’uomo e l’ultimo anche cancerogeno.
– Il 3-MCPD e i suoi esteri si formano in tali alimenti in particolare durante i processi di raffinazione degli oli; secondo l’EFSA (Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare) il livello di assunzione di 3-MCPD attraverso la dieta è talmente elevato da indurre potenziali problemi per la salute dei grandi consumatori di prodotti che contengono oli vegetali, specialmente l’olio di palma (biscotti, merendine, snack, ecc.) e soprattutto in adolescenti, bambini e neonati alimentati esclusivamente con latte in polvere; in tale prodotto sono stati rilevati alti livelli di 3-MCPD e esteri del glicidolo, superiori ai limiti di legge e comunque più alti di tutti gli altri oli vegetali;
– i GE (derivati del glicidolo) si accumulano in tutti i grassi vegetali durante il processo di raffinazione, soprattutto se presente l’olio di palma; dai dati raccolti da esperimenti condotti su animali – si evince che i derivati del glicidolo possono avere un effetto genotossico, cioè in grado di danneggiare il Dna, causando un aumento del rischio di alcune forme di tumore (9).
Le tabelle 1 e 2 sotto riportate preoccupano non poco soprattutto per i bambini sotto i tre anni
– Negli ultimi 10-20 anni abbiamo associato a un incremento del consumo di latte artificiale un maggiore utilizzo di olio di palma nel medesimo. Mi chiedo se l’incremento di grassi saturi e in particolare di grasso di palma nel latte artificiale e nei snack food possa aver favorito l’incremento dell’obesità e dei tumori in Italia in età adolescenziale, penso che tale ipotesi non sia esaustiva; in futuro andremo ad approfondire altre cause che possono contribuire a tale tendenza.