Quale futuro per l’ambientalismo oggi? Se lo chiedono Francesco Ferrante e Roberto Della Seta su Huffington Post, in occasione del 50° anniversario dell’Earth Day, nato da una manifestazione spontanea negli Stati Uniti, con una giornata memorabile che vide quasi 20 milioni di americani, soprattutto giovani, scendere in piazza nel nome della difesa dell’ambiente.
Da quel mercoledì di mezzo secolo fa, ogni 22 aprile si celebra in tutto il mondo l’Earth Day. Da quel mercoledì l’ambientalismo si è progressivamente imposto come movimento sociale – dalle associazioni “storiche” come WWF e in Italia Legambiente, fino alla recentissima mobilitazione dei “Fridays For Future” guidati da Greta Thunberg.
Ma in questo nuovo secolo l’ambientalismo è immerso in una sfida più temibile di tutte le altre affrontate nel passato: convincere la politica e l’economia a fare ciò che serve per fermare la crisi climatica legata soprattutto all’uso di combustibili fossili.
Da settimane però tutti noi, ambientalisti compresi, siamo immersi in una diversa emergenza, la pandemia, nell’immediato ancora più insidiosa e che secondo alcuni toglierebbe urgenza, priorità, alla lotta alla crisi climatica. E’ così? Nella realtà no, nella realtà – anzi – tra la crisi sanitaria mondiale prodotta dal COVID-19 e il tema-ambiente corrono solide e profonde correlazioni. Anche qui serve sgomberare il campo da sciocchezze che talvolta e disgraziatamente si presentano come “ecologiste”: tipo l’idea che questa epidemia sia una specie di vendetta di “Madre Terra” contro noi umani che la maltrattiamo, o che – in termini meno spiritualistici – sia la dimostrazione che l’umanità ha varcato la soglia critica nella pressione distruttiva sull’ambiente.